L'olio di oliva

Le origini dell'olio:

La patria di origine dell’olivo va con ogni probabilità ricercata in Asia Minore: infatti, mentre in sanscrito non esiste la parola olivo e gli Assiri ed i Babilonesi, che evidentemente ignoravano questa pianta e i suoi frutti, usavano solo olio di sesamo, l’olivo era viceversa conosciuto da popoli semitici come gli Armeni e gli Egiziani. Gli egiziani furono i primi ad utilizzare l’olio di oliva come ingrediente cosmetico per mantenere morbida la pelle e rendere i capelli più brillanti, oltre che a preservare le mummie e 2000 anni fa Galeno formulò la primordiale emulsione detta Ceratum Galeni, con olio di oliva, cera d’api e acqua di rose. 

La trasformazione dell’oleaster in olivo domestico pare sia stata opera di popolazioni della Siria. Molto presto l’uso di coltivare l’olivo passò dall’Asia minore alle isole dell’arcipelago, e quindi in Grecia: lo Schlieman riferisce di aver raccolto noccioli d’oliva sia negli scavi del palazzo di Tirino sia in quelli delle case e delle tombe di Micene e, nell’Odissea, troviamo scritto che Ulisse aveva intagliato il suo letto nuziale in un enorme tronco di olivo. La mitologia greca narra che Minerva (Athena) e Nettuno(Poseidone) si contendevano il predominio sull'Attica. In particolare disputavano su chi avesse la precedenza nella edificazione di un tempio da parte degli uomini ad Atene, sull'Acropoli. Chiesto l'intervento di Giove, questi rispose che avrebbe avuto la precedenza chi avesse fatto agli uomini il dono più utile. Poiseidone fu il primo: fece apparire un bellissimo cavallo bianco. La dea Athena (Minerva), invece, con la sua lancia toccò il suolo e in quel punto crebbe una pianta modesta dal tronco squarciato, contorto, rivestito di foglie dure a forma di piccole lance, con minuscoli frutti. A giudizio di Cécrope, fondatore e primo re di Atene, vinse l'olivo, nonostante il cavallo fosse un mezzo importantissimo di lavoro, di trasporto e di guerra. E ciò la dice funga sull'importanza che i Greci attribuivano a questa pianta che, ovviamente, era sacra a Minerva.

Anche nella Magna Grecia la coltura dell’olivo era florida soprattutto nella zona di Sibari e di Taranto; nell’Italia centrale, si segnalavano in primo luogo il territorio di Venafro, quindi la Sabina e il Piceno, mentre nell’Italia del nord erano famose le coste della Liguria.

Gli Etruschi furono tra i più grandi estimatori dell’olio d’oliva in passato:sono da ricordare il relitto della nave del Giglio, del 600 a.C. circa, con le sue anfore estrusche piene di olive conservate e la cosiddetta “Tomba delle Olive” di Cerveteri, databile al 575-550 a.C., contenente, oltre ad un servizio di vasi bronzei per il banchetto, anche una sorta di caldaia piena di noccioli di olive.

Nel mondo romano non si usava altro condimento per cucinare, e per condire le insalate si utilizzava l’olio migliore: particolarmente rinomati erano l’olio verde di Venafro, come attestano Marrone, Plinio, Orazio e Stradone, e quello della Liburnia in Istria; pessimo era considerato l’olio africano che veniva usato esclusivamente per l’illuminazione. Non mancavano allora, come oggi, le contraffazioni, se dobbiamo credere ad una ricetta di Apicio che insegnava a contraffare l’olio della Liburnia utilizzando un prodotto spagnolo.

In epoca imperiale le olive si servivano in tutte le cene, anche in quelle più importanti: come diceva Marziale, esse costituivano sia l’inizio che la fine del pasto, venivano cioè, sia portate come antipasti, sia offerte quando, finito di mangiare, ci si intratteneva a bere.

Solitamente erano conservate in salamoia, ben coperte dal liquido, fino al momento di usarle, poi si scolavano e si snocciolavano tritandole con vari aromi e miele. Le olive bianche venivano anche marinate in aceto e, condite in questo modo, erano pronte all’uso. Inoltre, con le olive più pregiate e più grosse, si facevano ottime conserve che duravano tutto l’anno e fornivano un nutriente ed economico companatico. Con le olive verdi si facevano le colymbadas (letteralmente “le affiorate”), così dette perché galleggiavano in un liquido fatto di una parte di salamoia satura e due parti di aceto.

All'olio veniva anche attribuito un significato simbolico:emblema presso i greci della donna, della libertà, del comando, l'olivo è connotato positivamente da Artemidoro, che lo interpreta come presagio di matrimonio felice, ricchezza, fama e longevità dei figli che nasceranno. Anche la raccolta dei frutti costituisce un ottimo auspicio; spremere le olive prevede però fatica e pena. Presso i romani, dopo le nozze, le fanciulle ungevano le soglie delle loro nuove case con dell'olio (da unxiores, untrici, deriva uxores, mogli) perché esso, alimento delle lampade, era simbolo di luce e gioia.

L’olio d’oliva nel Medioevo fu adoperato più come cosmetico e medicinale che come alimento.

L'olio d’oliva, apprezzato nell’800, subì un calo di produzione e consumo nel ’900, fino ad essere riscoperto negli ultimi decenni, in cui ne sono state decantate virtù e qualità positive che ne fanno uno dei migliori prodotti della cucina mediterranea.

Significato divinatorio

Così come i greci consacrano l'olivo a Giove e a Minerva che, vinta la contesa con Nettuno per il dono più utile ad Atene, divenne signora della città e vi pianto l'olivo come proprio simbolo, era di olivo, caratteristico della nostra Pasqua, a simboleggiare la pace e la purificazione, il ramoscello recato all'arca dalla colomba inviata in ricognizione da Noè. E sempre di legno d'olivo, emblema di luce e di vittoria, si dice fosse la croce di Cristo. La Cresima comprende l'unzione, che dona grazia e illumina perché l'olio e simbolo dello Spirito Santo; Cristo, in greco, significa unto. Il rametto di ulivo all'inizio della cristianità veniva offerto come simbolo votivo. Accompagnava i cristiani riuniti in preghiera nelle catacombe ed ancora oggi è simbolo universale di pace ed amore. 

Ultima modifica: Lunedì 10 Agosto 2020